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Riforma Province e legge finanziaria: la mobilità volontaria è congelata

La mobilità volontaria è bloccata, come le assunzioni per concorso, dalla legge 190/2014 in conseguenza della necessità di ricollocare il personale provinciale in sovrannumero.

Vi sono alcuni autori (tra cui G. Bertagna, in www.gianlucabertagna.it/2015/01/17/le-assunzioni-nel-2015/) secondo i quali la mobilità volontaria regolata dall’articolo 30 del d.lgs 165/2001 rimarrebbe libera, sicchè i comuni in particolare (ma, ovviamente ogni altra amministrazione) potrebbero continuare ad utilizzarla. Unica accortezza, non andare al di là del proprio fabbisogno.

Questa posizione sarebbe corroborata dalla circostanza che la legge 194/2014 vieterebbe le “assunzioni” e non le “cessioni di contratto” quali sono le mobilità.

Si tratta di argomentazioni non persuasive e che rischiano molto chiaramente di inficiare tutto il processo previsto dalla legge di stabilità 2015.

In quanto alla configurazione della mobilità come cessione di contratto, questa non esclude affatto che tra l’ente che acquisisce il dipendente per mobilità e dipendente stesso si stipuli un contratto di lavoro e si determini, dunque, un’assunzione. La cessione del contratto è il titolo dell’assunzione o, se si vuole, il sistema di reclutamento. Sia che si acquisisca il dipendente a seguito di un concorso, sia che lo si recluti mediante mobilità, sempre ad assunzione deve dare corso il datore di lavoro.

Dunque, l’argomentazione sulla natura giuridica della mobilità non può avere consistenza, per affermare che essa rimane liberamente utilizzabile.

Più importante ancora, però, è contestualizzare le disposizioni dell’articolo 1,commi 424 e 425, della legge 190/2014 con le altre norme vigenti ed i fini dell’intervento sul personale provinciale: 20.000 persone da ricollocare.

Si tratta di una ricollocazione da realizzare ai sensi dell’articolo 30, comma 2, del d.lgs 165/2001, quello famoso che impone il limite dei 50 chilometri al trasferimento dei dipendenti.

Ora, è perfettamente chiaro che se un comune viciniore alla sede di una provincia assume liberamente per mobilità occupa posti liberi della propria dotazione organica, rendendo meno facile la ricollocazione dei dipendenti provinciali in sovrannumero entro il raggio stabilito dalla norma.

Ma, poi, se l’assunzione dei dipendenti delle province avviene per mobilità, perché i comuni e le altre amministrazioni dovrebbero attivare procedure di mobilità “concorrenti” ed alternative a quella prevista dalla legge come misura per razionalizzare il sistema ed anche evitare un licenziamento collettivo di 20.000 persone?

Ragionamento decisivo, comunque, resta quello del fine delle mobilità: consentire alle amministrazioni pubbliche uno spostamento dei dipendenti in servizio mediante trasferimenti, sì da facilitarne la migliore distribuzione territoriale e funzionale, senza incidere sulla finanza pubblica, perché non si attiva nuova spesa dovuta all’immissione di nuovo personale nei ruoli.

Infatti, l’articolo 30, comma 2-bis, dispone: “Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1”.

Sicché, il sistema prioritario, ordinario e naturale di reclutare il personale è procedere con le mobilità, che devono necessariamente precedere proprio i concorsi pubblici.

Ora, come è possibile distinguere, soprattutto in una situazione congiunturale nella quale occorre ricollocare 20.000 dipendenti, se la mobilità indetta dal comune X sia di quelle propedeutiche ad un concorso, oggi illegittimo, o piuttosto di una mobilità “neutrale” sul piano finanziario e, dunque, libera.

Il fatto è uno solo: l’articolo 1, commi 424 e 425, della legge 190/2014 obbliga le amministrazioni pubbliche ad assumere esclusivamente le categorie di soggetti ivi indicate: vincitori di concorsi appartenenti a graduatorie vigenti o approvate alla data dell’1.1.2015, e, per mobilità, i dipendenti provinciali da ricollocare.

E non si tratta di una mobilità “neutra”, per quanto proveniente da enti soggetti tutti a vincoli di finanza pubblica. Non si deve dimenticare, infatti, che per le province al trasferimento dei dipendenti in sovrannumero verso un altro ente, corrisponde la cancellazione definitiva del posto in dotazione organica, come anche della spesa connessa. Non si ha, dunque, la “circolarità” del finanziamento della spesa del personale pubblico, tipica proprio della mobilità volontaria, che giustifica la sua concezione come “cessione di contratto”. La mobilità regolata dall’articolo 30, comma 1, del d.lgs 165/2001, fa camminare insieme (in modo virtuale) il dipendente col suo finanziamento. E’ per questo motivo che la legge 190/2014 stabilisce di coprire i le assunzioni (che tali sono e restano) da mobilità dei dipendenti provinciali attraverso le risorse del turn-over delle amministrazioni.

Questo, in conclusione, dimostra che la mobilità per i comuni e le altre amministrazioni è in tutto e per tutto condizionata alla preventiva ricollocazione dei dipendenti in mobilità, sia per evitare il tourbillon delle sedi e non vanificare il raggio di 50 chilometri come elemento dell’obbligatorietà del trasferimento, sia perché la mobilità è comunque presupposto per concorsi che non possono essere indetti e la “provvista” di personale è data dall’insieme dei dipendenti provinciali in sovrannumero.
(LeggiOggi.it)